In una società caratterizzata da continui episodi di violenza e discriminazioni, i fenomeni di bullismo e cyberbullismo toccano soprattutto i giovanissimi e la scuola sembra essere l’ambiente in cui si verificano più spesso. L’Osservatorio di Genere si occupa da tempo di questa tematica e ha realizzato strumenti (come il ToolBox ideato con la progettazione EmpowerBox. Collabora, Partecipa, Ispira) e pubblicazioni (come il recente Bullismo e CyberBullismo. Riflessioni e buone pratiche) per supportare insegnanti, famiglie, educatori e tutta la comunità educante nel prevenire e mitigare questi fenomeni.
Per lavorare con alunni e alunne su questo argomento, nell’ambito del progetto N.O.I. 2 – Per un futuro consapevole, abbiamo proposto anche il laboratorio “What can I do? Non restare a guardare”: una serie di attività basate sulla gamification che, attraverso il gioco, ha incoraggiato le classi a riflettere su bullismo e cyberbullismo, ragionando sugli stereotipi, sui pregiudizi e sulla gestione dei conflitti che sono alla base di qualsiasi violenza nel contesto scolastico e al di fuori di esso.
Il laboratorio si è in svolto da febbraio ad aprile 2023 e ha coinvolto circa ottanta alunni e alunne della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Monsignor Paoletti” dislocati nei plessi di Fiastra, Pieve Torina, Valfornace e Visso, con due incontri da due ore in ogni classe.
A guidare le attività è stata la dott.ssa Silvia Casilio, vicepresidente dell’Osservatorio di Genere ed esperta di questa tematica, che ci racconta come si è svolto il laboratorio e quali sono stati i riscontri e le riflessioni dei partecipanti.
Gamification: il gioco come strumento di apprendimento
Tutti noi iniziamo a imparare giocando: è un processo naturale che caratterizza la nostra evoluzione. Eppure, nel pensiero comune, didattica e gioco restano due sfere distinte, quasi contrapposte, come se a scuola non potesse esserci spazio per l’aspetto ludico dell’apprendimento. In realtà, sono numerosi i volumi di recente pubblicazione e le iniziative messe in campo da studiosi e studiose che ci danno la misura di quanto interesse ci sia in diversi ambiti scientifici a proposito del gioco applicato alla didattica o meglio del gioco come strumento utile a favorire l’apprendimento significativo: Didattica ludica, Manifesto della Ludic History, Didattica con le Escape Room sono solo alcuni esempi.
Il tentativo di proporre una didattica alternativa a quella meramente trasmissiva, una didattica inclusiva e cioè in grado di coinvolgere attivamente bambini e bambine, ragazzi e ragazze, ognuno con i propri bisogni speciali, è centrale e dirimente in ambito pedagogico e scolastico per chiunque abbia nel proprio orizzonte la costruzione di una scuola centrata sui ragazzi e sulle ragazze.
Il gioco, nella sua versione digitale e analogica, può essere uno strumento utile da un punto di vista pedagogico e diventa una straordinaria risorsa a disposizione di educatori e docenti quando si tratta di potenziare le funzioni esecutive, ossia le capacità di problem solving, di lavorare in gruppo per raggiungere un obiettivo e, soprattutto, la gestione delle emozioni e delle frustrazioni. «Il gioco» afferma, infatti, Peter Gray «insegna le abilità sociali senza cui la vita sarebbe insopportabile. Ma insegna anche a controllare emozioni negative forti, come la paura e la rabbia».
Queste riflessioni, su cui l’Osservatorio di Genere ragiona da tempo e che ha utilizzato nell’ambito di diverse progettazioni, sono alla base del laboratorio “What can I do? Non restare a guardare” che abbiamo realizzato per i ragazzi e le ragazze dell’Istituto Comprensivo “Monsignor Paoletti” di Pievetorina.
Imparare a collaborare: cooperazione e problem solving
Per il primo incontro abbiamo utilizzato, modificandola nelle modalità di svolgimento, una escape-room disponibile in rete e realizzata con la piattaforma Genially.
Abbiamo diviso la classe in quattro gruppi e abbiamo iniziato a giocare affrontando le varie sfide, tutte dedicate all’approfondimento e alla conoscenza della differenza tra il bullismo, il reato, il litigio e lo scherzo.
Per permettere ai ragazzi e alle ragazze di giocare collaborando e di avere degli spazi di discussione, abbiamo trasposto le sfide dalla modalità digitale a quella analogica, consegnando a ciascun gruppo il materiale in formato cartaceo. Finito il tempo a disposizione per affrontare la sfida si tornava al digitale per verificare i risultati. Per ogni sfida superata veniva svelata una lettera utile a indovinare la parola segreta che ci avrebbe permesso di superare l’escape-room.
A chiusura del primo incontro, sempre nell’ottica di coinvolgere maggiormente i ragazzi e le ragazze, è stato inserito un role playing: è stato chiesto loro di scegliere una delle situazioni proposte durante una delle sfide, pensare ad un finale possibile e rappresentarlo davanti al resto della classe.
Attraverso queste attività i ragazzi e le ragazze hanno fatto esperienza di una modalità di gioco cooperativa in cui persone diverse con caratteristiche differenti collaborano attivamente per affrontare degli ostacoli, stimolando così la loro creatività, la capacità di lavorare in gruppo e le loro abilità di problem solving.
Imparare a competere: concentrazione e capacità di ascolto
Nell’incontro successivo, invece, dopo un brainstorming iniziale utile a riannodare le fila del discorso e i concetti indagati attraverso l’escape-room, abbiamo proposto ai ragazzi e alle ragazze un’attività ludica realizzata dall’Osservatorio di Genere, ispirata al famoso gioco Duplik, che abbiamo chiamato “No Bullying”. Un’attività molto coinvolgente che ha richiesto loro di mettersi in gioco in modo attivo, mantenendo un grande concentrazione ed esercitando la loro capacità di ascolto. Attraverso delle carte progettate ad hoc per questa attività, abbiamo avuto modo di mettere in pratica i contenuti e i concetti a cui era stata dedicata l’attività precedente. Anche l’elemento competitivo, con l’assegnazione di un punteggio, non ha minimamente inficiato sulla riuscita dell’attività anche perché in palio c’erano un grande applauso e i complimenti per il lavoro fatto.
Imparare ad esprimersi: un messaggio contro il bullismo
A conclusione del secondo incontro, traendo ispirazione dalla campagna di sensibilizzazione #apensarcibene realizzata da Scosse, un’associazione di promozione sociale con cui l’Osservatorio di Genere ha spesso collaborato sul tema dell’educazione e del rispetto delle differenze, abbiamo chiesto ai ragazzi e alle ragazze di Pievetorina e di Valfornace di realizzare uno spot per sensibilizzare al tema del contrasto al bullismo e al cyberbullimo tra i coetanei.
Ai ragazzi e alle ragazze di Visso e di Fiastra, invece, approfittando della collaborazione del docente di musica, abbiamo chiesto di individuare una canzone significativa e di spiegare ai compagni e alle compagne la motivazione della scelta, proponendo uno slogan.
Imparare ad autovalutarsi: l’autobiografia cognitiva
Diversi studi hanno dimostrato che i processi di autovalutazione possono attivare dei meccanismi di prevenzione in diversi contesti e sono senza dubbio utilissimi nel contrasto al bullismo e al cyberbullismo. Per attivare un processo di autovalutazione e di autogestione dell’attività cognitiva, alla fine del percorso, abbiamo proposto una autobiografia cognitiva da compilare in forma anonima.
Ma che cos’è l’autobiografia cognitiva? Come emerge dalle ricerche di Duccio Demetrio e Jerome Bruner, si tratta di una narrazione del processo e del prodotto dell’apprendere compiuta dal ragazzo e dalla ragazza attraverso una serie di domande-stimolo che siano tali da innescare il processo narrativo. La narrazione si traduce in una riflessione metacognitiva non solo su ciò che si è appreso ma anche sulle modalità attraverso le quali l’apprendimento è avvenuto.
Nel caso specifico di questo laboratorio, trattandosi di ragazzi e ragazze di differenti età, abbiamo realizzato un’autobiografia cognitiva semi-strutturata che però ha anche lasciato spazio alla riflessione libera sulle attività proposte, sull’esperienza vissuta, sul proprio ruolo nel gruppo e sui risultati che ogni partecipante sentiva di aver raggiunto.
Come in molti progetti dell’Osservatorio di Genere, anche in questo caso la narrazione autobiografica è stata centrale: attraverso il racconto e la riflessione i ragazzi e le ragazze sono stati messi in condizione di ricostruire consapevolmente il percorso formativo e i suoi risultati, mentre noi abbiamo potuto testare la validità e l’efficacia degli strumenti proposti.
Un’esperienza divertente e costruttiva: le riflessioni dei partecipanti
Nella stragrande maggioranza, i feedback rispetto al laboratorio sono stati positivi: moltissimi hanno sottolineato l’importanza di essere ben informati per poter agire e reagire in modo consapevole.
Particolarmente significativo, a nostro avviso, è l’accostamento tra gli aggettivi “divertente” e “costruttivo” con cui la quasi totalità degli ottanta ragazzi e ragazze incontrati/e ha risposto al quesito: “indica tre aggettivi per descrivere questi incontri”.
Abbiamo anche chiesto ai ragazzi e alle ragazze: “Scrivi 5 cose che hai imparato e che ti sono rimaste più impresse”. Ecco alcune delle risposte che più ci hanno colpito:
- non giudicare
- non sottovalutare
- non escludere
- stare sempre dalla parte dei più bisognosi
- le persone dovrebbero reagire
- le vittime devono parlare, esprimersi
- bisogna sempre parlare con qualcuno
- non essere mai indifferenti
- aiutare sempre
- essere uniti
- non rimanere a guardare
- informarsi
- confrontarsi
- non dobbiamo “usare” gli altri
- siamo tutti uguali anche se esteriormente diversi
- se sei diverso non importa
Scrivere non è poi così male: un segnale dell’efficacia del laboratorio
Dal laboratorio è emerso che, in generale, i ragazzi e le ragazze erano già in possesso di informazioni sui fenomeni del bullismo e cyberbullismo, e questo ci dimostra la grande attenzione con cui la scuola accompagna i suoi alunni e le sue alunne. Nonostante ciò, la risposta in termini di partecipazione e coinvolgimento è stata più che positiva: un segnale dell’efficacia delle strategie e delle modalità con cui sono state pensate e realizzate le varie attività. Anche la scelta di farli lavorare in gruppo ha dato i suoi frutti: fatta eccezione per qualche raro caso, fisiologico quando si realizzano progetti nelle scuole con pre-adolescenti e/o adolescenti, collaborare con i compagni e le compagne ha rappresentato un valore aggiunto ed è stato di stimolo per lo svolgimento delle attività.
Molti ragazzi e ragazze hanno trovato divertente scrivere l’autobiografia cognitiva. Si tratta di uno spunto interessante, perché spesso, in ambito scolastico, tutto quello che viene ricondotto alla scrittura e alla lettura suscita antipatia o viene percepito come una noiosa costrizione. Di solito, quando si chiede alle classi di scrivere, si ottengono risposte del tipo: “non so scrivere”, “non ho fantasia” e altre scuse di questo genere. Eppure, messi in un un contesto di “gioco” e di attività “non formale”, o meglio, messi nelle condizioni di essere liberi di esprimersi, la scrittura è stata percepita come uno strumento utile, un mezzo per potersi divertire con gli altri. Questo dovrebbe indurre tutti coloro che a vario titolo hanno un ruolo educativo e didattico a interrogarsi su quanto sia necessario pensare a metodologie e strategie alternative a quelle tradizionali per coinvolgere i ragazzi e le ragazze nelle varie attività.
Un progetto che continua in diversi ambiti disciplinari
Infine, per dare continuità alle azioni proposte, abbiamo coinvolto attivamente le docenti e i docenti delle classi chiedendo loro di proseguire il lavoro su questi temi ampliando e approfondendo quanto iniziato alla fine del secondo incontro. Se si vuole centrare l’obiettivo di informare e formare i ragazzi e le ragazze la continuità è fondamentale, perché gli interventi una tantum non promuovono un apprendimento significativo.
Inoltre, in questo caso i lavori proposti si prestano ad essere tradotti in unità di apprendimento multidisciplinare. Dall’educazione civica al testo narrativo, dalla musica alle competenze digitali: sono diversi gli ambiti disciplinari che possono offrire uno spazio di riflessione e che possono aiutare i ragazzi e le ragazze ad affrontare in modo consapevole la complessità della società in cui siamo immersi, tutti e tutte.